venerdì 26 agosto 2011

Recensione: Cavie umane nel nuovo millennio.

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Si presenta come un libricino esile esile, una quarantina di paginette che si leggono in un oretta, non è certo un romanzo e la prosa lascia un po' a desiderare.
Il libro viene presentato come scritto da un certo Dottor X che resta in incognito e l'editore afferma di aver controllato che è effettivamente chi dice di essere.
Nel libro l'autore illustra il suo lavoro che è quello dello sperimentatore clinico, ovvero di colui che prende i farmaci dalla sperimentazione animale e li somministra a delle cavie umane in primo luogo per scoprirne la tossicità.
E qui si entra nella galleria degli orrori, fra esperimenti su animali in cui la dose viene man mano aumentata per registrare gli "effetti collaterali" fino a trovare la dose che uccide l'animale (quando questo effettivamente muore) sperimentazione inutile perché poi ogni specie, compresa quella umana reagisce in modo diverso; si arriva poi alla sperimentazione sull'uomo in cui impera il bisogno dello "sponsor" (la casa farmaceutica) di mettere la "molecola" sul mercato e fare cassa senza curarsi troppo dei cadaveri e delle malattie che lascia sulla strada sulle povere cavie. Ma poi questo farmaco servirà sul serio? E farà davvero guarire?

A me la "scienza" medica lascia molti dubbi, e da anni. Per molte ragioni, alcune di pelle come il modo ossessivo con cui ripetono l'aggettivo SCIENTIFICO: tutti questi scienziati nei loro laboratori SCIENTIFICI, studiano con le attrezzature SCIENTIFICHE, applicano il metodo SCIENTIFICO per arrivare a prove SCIENTIFICAMENTE valide; anche quando si mostrano propinandoci immagini di questo tipo:

tutti belli sorridenti di salvare le nostre vite dalle orribili malattie.
Parlando un po' più seriamente a me lascia molti dubbi questa presunta SCIENTIFICITA' di una professione come quella medica dove non è possibile essere osservatori neutrali (cosa prescritta dal metodo scientifico); popolata di persone che scelgono quella professione per i benefici sociali e materiali che ne possono ottenere dove girano un sacco di soldi che fanno gola a molti farabutti in camice bianco (vedi caso Santa Rita). Senza contare l'emotività dei pazienti e dei loro familiari che finiscono col scegliersi le persone apparentemente più rassicuranti (ma che a me spesso mi sembrano sorridere sornioni come il gatto e la volpe). Poi quell'impossibilità di parlargli visto che tutte le volte che si prova a fare una domanda si trincerano dietro le famose prove SCIENTIFICHE: ma una prova è una prova ed è buona o non buona!
Poi ci sono tutti quei farmaci che propinano a gente smaniosa di bloccare ogni minimo raffreddore perché ogni minimo dolore va eliminato, le persone che prendono farmaci si vede come spesso si ammalano sempre di più e viene il dubbio se non siano proprio i farmaci che risolvono un problema per crearne uno peggiore: ah già ma ci sono le prove SCIENTIFICHE che affermano che i benefici sono maggiori dei malefici dovuti agli "effetti collaterali"; ma con tutti i soldi che corrono siamo poi sicuri che sia così? Ogni anno l'Italia spende più di cento miliardi in sanità una torta che fa gola a molti e ai medici di solito piace spendere.
E poi c'è la denigrazione sistematica, perché non SCIENTIFICHE, di tutte quelle pratiche terapeutiche che loro chiamano alternative, per specificare che sono loro la norma; io ho provato la bioenergetica e reiki e ho visto che funzionano molto bene ma loro con tutto il loro armamentario SCIENTIFICO sembrano non rendersene conto (o non vogliono rendersene conto).
Io cominciai a dubitare dei farmaci da ragazzo: ero in una colonia montana e quando ci si spostava in pullman c'era un accompagnatore che mi dava delle gocce per evitare il mal d'auto. Funzionavano benissimo, non sentivo più nulla, ad ogni viaggio me le dava e aumentava la dose fino a che in un viaggio breve io gli chiese le "benedette" gocce ma lui mi rispose che non ne aveva. Fu un viaggio breve ma io non mi sono mai sentito così male su un pullman come quella volta: in un quarto dora si concentrò tutta la nausea dei viaggi precedenti: una tortura terribile: scelsi mai più gocce e ora non ho quasi più problemi.
Per cui questo grazioso libretto non fa altro che confermare molte mie idee ma dà anche nuovi interessanti particolari.

Cavie del terzo millennio.
Dottor X
Anno 2010
Medea Edizioni
Prezzo 7 €

giovedì 25 agosto 2011

Math for fun: l'unità.

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La prima lezione della mia "Math for fun" non può che riguardare l'unità. E già qui cominciano i guai, anzi forse questo è il guaio più grosso. Che cos'è l'unità? E' possibile darne UNA definizione?Immagino che i filosofi si siano sbizzarriti su questo argomento.
Ciò che più mi interessa in questa fase è non pensare troppo in modo razionale ma guardare UN po' di più alle nostre emozioni e alle nostre sensazioni: tutte le volte che ci si imbatte in questi temi, almeno per me, rimane nel profondo UNA strana sensazione di non aver capito gran che di quello che si leggeva, ciò genera UNA forte insicurezza e UNA grande confusione: a questo punto si crea già la prima lacuna e il primo odio per la matematica, già si inserisce nella nostra mente UN blocco che poi ci porteremo dietro per sempre. Per me la cosa migliore da fare è non preoccuparsi troppo e andare avanti e se non si capisce tutto che importa? Non crolla mica l'universo. L'importante è capire qualcosa in modo da cominciare ad avere UNA prima tessera del puzzle, quando si avranno più tessere le metteremo assieme e comincerà ad apparire UN disegno ma non capiremo mai tutto.

Cosa sappiamo sull'unità?

Intanto vorrei far notare come noi usiamo continuamente questo concetto nel nostro linguaggio (per questo scrivo in grande tutti gli UN, UNA, UNO) il che fa pensare che o appreso o già presente nel nostro cervello il concetto di unità già lo possediamo. Tutto sommato io tendo a pensare che senza questa idea nella nostra testa non potrei argomentare UN bel niente e dunque non riuscirei neanche a parlare di unità.
Ora guardiamo alla realtà: siamo circondati da oggetti: se ci guardiamo attorno possiamo vedere: UNA persona, UN sasso, UNA casa, UNA mano, UN piede; l'idea di UNO come già detto è già presente ed è forse il primo esempio di astrazione in quanto ognuno di questi oggetti ha in comune il fatto di essere UNO; tale idea è innata e non ha bisogno di definizione, ma ha bisogno di consapevolezza: per ottenere questa invito a staccare lo sguardo dal testo, uscire da questo mondo ideale di caratteri e idee e guardare il mondo e vedere tutte le cose che ci circondano notando tutto ciò che è UNO.
Fatto?
Compreso l'UNO si può guardare ai MOLTI: anche qui cerco UNA definizione ma non mi viene niente di buono: potrei dire che i MOLTI sono un gruppo di UNI ma già sto usando in concetto di MOLTI (presente in quella di gruppo) e come prima mi perdo. Facciamo l'esercizio di prima e osserviamo i MOLTI: i fili d'erba nel prato, gli alberi in UN bosco, le auto lungo il viale, le nuvole nel cielo, i palazzi in città. Tutti questi sono esempi di MOLTI ma già qui la faccenda si complica: infatti MOLTI fili d'erba sono UN prato, MOLTI alberi sono UN bosco, MOLTI palazzi sono UNA città.
A questo punto dò UN nuovo concetto quello di DUE che preferisco chiamare COPPIA, il giochetto è quello di prima ci guardiamo attorno e vediamo le coppie presenti nel nostro mondo.

Gli antropologi, studiando delle tribù primitive ne hanno trovate alcune che hanno una matematica elementare: contano così: UNO, COPPIA, COPPIA e UNO, COPPIA e COPPIA, MOLTI. E basta non hanno altri numeri (e tutto sommato questa matematica elementare basta alla loro sopravvivenza), in altri studi si è visto come noi siamo in grado di contare a vista (senza fare uno due tre ....) gli oggetti ma solo fino a quattro, se gli oggetti sono più di quattro si deve fare uno due tre... e ottenerne il numero: ciò fa pensare che noi possediamo questa matematica elementare già presente nel nostro cervello ed è innata mentre il resto è UNA costruzione. Tale matematica innata, che è impossibile da definire, è la base su cui costruire il resto a patto di possederla ben sviluppata (il che non è così scontato).

lunedì 22 agosto 2011

Ricetta: pizzocheri vegan

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Da vegano ma anche indigeno autoctono valtellinese ovviamente ho cercato fin dall'inizio di mangiare ugualmente i pizzocheri senza allagarli di burro e di formaggio. Se il burro viene sostituito ottimamente dall'olio, il formaggio ho da prima cercato di sostituirlo con delle creme grasse di riso per poi capire che la cosa migliore da fare era non sostituirlo affatto.

Ecco la ricetta dei pizzocheri vegan:

Si prende una padella si fa bollire l'acqua e si buttano assieme le patate a pezzettoni, delle coste (o delle verze) e i pizzocheri, si fa bollire per circa 20-trenta minuti. Il soffritto viene fatto con olio (meglio abbondare in modo che i pizzocheri siamo belli unti) salvia e aglio a pezzetti. Si scolano i pizzocheri, si aggiunge il soffritto, si mischia e il piatto è servito.

Questo è un pasto completo in quanto ci sono patate, verdure e i pizzochieri sono composti per il 70% di grano mentre il 30% da grano saraceno che è un semilegume. L'assenza di tutto il burro e formaggio esalta i sapori e i profumi delle verdure e dei condimenti migliorando notevolmente la bontà del piatto.

mercoledì 17 agosto 2011

Altra poesia.

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L'UMANITA'

Eccoli ancora li a lottare
Eccoli ancora li a competere
Tante scimmiette chiassose
Con tante macchine
Con tanti giocattoli

E poi discutono, gridano e non la fanno mai finita
Si credono sapiens sapiens
E non pensano ad altro che ad andare lontano
Su spiagge: in riva al mare: dentro mostruosi resort

Lasciamoli li, noi abbiamo i prati, i silenzi, i boschi, i laghi, il cielo, le stelle
Noi abbiamo la compagnia di coloro che sanno ascoltare




giovedì 11 agosto 2011

Una crisi ridicola

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Siamo tutti presi da questa crisi: le borse crollano e poi si riprendono di colpo, nel frattempo lo spread (non è una parolaccia finlandese) è arrivato a trecento punti dopo essere stato a quattrocento. I nostri poveri politici sono a Roma, non possono godersi le loro amate ferie, a fare manovre mentre sindacati e confindustria vanno ogni giorno tutti assieme in gita a palazzo Chigi e tutto ciò perché manca la crescita del PIL!

Che che cavolo è il PIL?: E' l'insieme di tutto ciò che produciamo: telefonini, autovetture, strade, magliette, dentifrici, creme per il viso, farmaci, operazioni chirurgiche, navi, sigarette, giornali, sedute di psicanalisi, pizze, corsi di yoga, salite su una funivia.....
Insomma il problema è che non produciamo di più rispetto a un anno fa: perché nel capitalismo avanzato si deve sempre crescere altrimenti è la crisi.
Ma come, il problema non era il consumismo? Il problema non era che abbiamo troppo cose per le case e non sappiamo più che farcene? Così mi insegnavano a scuola più di trent'anni fa, di questo si parla quando il PIL cresce ma appena comincia non dico a scendere, ma anche solo a non salire abbastanza sono guai....
Nel 1700 si fece la rivoluzione industriale, allora tutto il mondo era quello che noi oggi chiamiamo terzo mondo, la maggior parte dell'umanità (di noi) sgobbava dalla mattina alla sera per produrre semplicemente da mangiare, non c'erano telefoni, riscaldamento, pensioni o sanità. Poi vennero le macchine, e l'uomo asservito alle macchine e così si iniziò a produrre sempre più cose, sempre migliori e arrivarono treni, stoffe, palazzi, reti informatiche e pance piene e genti obese.
Oggi la nostra capacità di produrre è superiore a quella di un anno fa (ciò a causa del fatto che la tecnologia rende sempre più produttive le singole ore di lavoro degli operai) ma forse il problema della mancata crescita è che non sappiamo più che farcene di tutte le cose che abbiamo per casa, forse è venuto il momento di capire che basta così: non abbiamo bisogno di altre cose, abbiamo bisogno di tempo libero per parlare con i nostri vicini, abbiamo bisogno di occuparci di ciò che da un senso alla vita e che non si compra; ma se mi guardo in giro vedo gente al bar a bere alcol e fumare e giocare ai videopoker... e anche questo fa PIL.


lunedì 8 agosto 2011

Fagiolo

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Alcuni anni fa parlavo con una mia amica e sostenevo che si può fare un complimento ad una persona paragonandola a qualsiasi cosa; lei allora mi lanciò la sfida e mi disse di farle un complimento paragonandola ad un fagiolo: dopo qualche giorno tornai con questa poesia:




Tu sei proprio un fagiolo:


come una fresca brezza quando il caldo d’ agosto ti avvolge,

come una carezza inaspettata quando il mondo è tristezza e nebbia,

come un momento di pace in mezzo ad una tempesta,

come un pensiero illuminante in mezzo al rumore e alla confusione,

come il tempo per pensare a se stessi se tutti corrono per fingere di essere felici,

come la felicità che mi nasce dentro se sto con te,


a fagiolo sempre capiti.