mercoledì 14 settembre 2011

Lo spazio




Anni fa quando abitavo a Milano un mio coinquilino, che abitava nella stanza più piccola dell'appartamento aveva l'abitudine di portarci dentro un mucchio di cose che raccoglieva qua e la, un giorni arrivò addirittura con un semaforo vero; lui mi ispirò questo racconto:


Lo spazio

Spesso ciò che sembra facile e banale, ciò che per tutta la vita ci è sempre stato così familiare da non attirare minimamente la nostra attenzione, se per un attimo ci si ferma a rifletterci sopra, si scopre essere pieno di inaspettati risvolti: è in realtà un misterioso mondo da esplorare. E ci si espone ad un grave pericolo: che tale mondo si dilati così tanto da invadere tutti i nostri pensieri, tutta la nostra vita, fino al punto che questo finisce per ingoiarci completamente.
Per me quel qualcosa è lo spazio. Da anni lo studio, scopro che è associato al tempo, persino che è curvo, e comprendo pure ciò che questo vuol dire, il fatto che è curvo intendo, e di esso scopro sempre più cose che non fanno altro che porgere nuove domande. Il concetto di spazio si dilata così, come lo spazio primordiale fece al tempo del Big Bang, fino a che ora mi sento completamente avvolto da esso: la mia mente non è attratta da altro e ora; forse è troppo tardi per me, mi accorgo del fatto di essermi perso in un labirinto, che, ahimè, temo sia  infinito.
Ma per fortuna in tale labirinto non sono solo. L’altro che qui vive con me è giunto per vie molto diverse da quella che ho io percorso, e ciò era inevitabile viste le enormi differenze che ci sono tra noi: tanto io sono speculativo ed astratto, tanto lui è razionale e concreto, tanto io vago alto nel cielo, tanto lui è ancorato alla terra. Eppure entrambi siamo arrivati qui: nel medesimo punto dello spazio e del tempo.
L’altro vive in un angusto pertugio, questo fatto non attira la mia attenzione, ciò che invece è interessante, ciò che è strano, è il fatto che continui a portarvi dentro oggetti. Così io passo intere giornate ad osservare il suo andirivieni: entra nel suo piccolo mondo con molte cose e ne esce vuoto. Ho stimato che in circa due settimane ciò che dentro vi porta occupa esattamente lo stesso volume che ha a disposizione, ciò nonostante sono secoli che là dentro ci porta di tutto. E fuori non porta mai nulla! Non oso interrogarlo su ciò che fa, come potrei invadere la sua privacy?, ma il dilemma intellettuale resta e la mia mente speculativa non può fare altro interrogarsi.
“Buon giorno.” Lo saluto al mattino.
“Buon giorno,” Mi risponde.
Se non fosse così indaffarato nel portare oggetti là dentro nel suo pertugio potrei forse attaccare bottone, offrirgli un caffè, portare abilmente la conversazione sull’argomento che mi interessa. Sono solo dei sogni, lui vive di corsa mentre io meditabondo cammino.
Due settimane fa è stata l’ultima volta che l’ho visto, mentre entrava nel suo mondo con una scrivania; ma poi, da allora, non è più uscito; lo so in quanto sto accampato qua fuori: dirimpetto il suo uscio: a tanto mi spinge la mia curiosità.
Ora non posso più restarmene coi miei dubbi, attendere che qualcosa succeda, solo io so della sua esistenza, qua noi siamo soli, devo pur entrare per prestargli soccorso. So che questa è una scusa, è la mia curiosità che mi spinge; ma è pur sempre una buona scusa!
E così mi avvicino alla porta del suo pertugio, e col cuore in gola la apro…
Dopo un attimo di smarrimento mi riprendo e inizio a guardare dentro. Ovunque cadono i miei occhi vedo un oggetto diverso, se lì volgo in un'altra direzione su tale oggetto non li riporto più. E’ tutto davanti a me, a uno o due metri dal mio naso, ma sono tante e tali le cose lì dentro che spostando di un secondo di grado il mio sguardo ciò che vedo non ha più nulla a che fare con ciò che vedevo prima: non esistono punti di riferimento!
Da circa una settimana lo sto cercando, spero che i miei occhi, che punto, ipnotizzati da tante cose, in ogni direzione, cadano su di lui; ma tutto è inutile; sento il suo respiro che per la paura si fa affannoso, sento dentro di me il gelido terrore che lo avvolge. Forse un crollo o forse un minimo movimento ha fatto si che gli oggetti abbaiano cambiato posto in massa, forse per un effetto domino, e ciò che sembrava familiare e solido si è scoperto essere retto da un fragile equilibrio: lui si è perso nel suo mondo, sarà a un metro da me ma è impossibile che io riesca a trovarlo.
… come un impulso a fare un passo per andare a salvarlo … in un istante sono consapevole che sarebbe la fine: anche io mi perderei! Sono sull’orlo di un baratro: un senso di vertigine mi assale, le gambe si fanno molli, e un senso di paura mi fa scappare via. E corro, senza guardare dove vado, vado veloce e potrei perdermi, anzi mi sono di sicuro perso: sono in un labirinto, ma che importa?, la mia paura è troppo grande. Quando riapro gli occhi, d’impulso, mi ritrovo in una via affollata nei pressi di casa mia: sono sfuggito dal labirinto di idee dove ero prigioniero; o forse, chissà, è questo che si è disciolto: sono libero!
Sono passati gli anni, ma a volte mi sorprendo a pensare ancora a lui: avrà trovato la via per sfuggire o ancora sarà prigioniero di quello spazio che ha troppo riempito?

Nessun commento: